<< Cara Italia, madre mia, sono triste per te. Dopo tanti anni che ti ho respirata, credo proprio di doverti abbandonare. Come un soldato che parte per la guerra, combattuta unicamente ai fini della sopravvivenza.
Ti scrivo non sapendo scrivere, perché la mia Laurea l’ho presa facendo più di trenta esami e in nessuno di questi, ho dovuto scrivere. Aspettavo per i corridoi, per ore. Non ero sola, c’erano altri figli tuoi con me, seduti in mezzo alla polvere che aspettavano i professori seduti nei ristoranti terminare le loro lunghe pause pranzo. Si faceva amicizia, ci si confrontava, si sperava. Molti di noi, la stragrande maggioranza, puzzava di fritto di fast food, o aveva mani e ginocchia doloranti, per i lavori del fine settimana in qualche pub o in qualche ristorante di paese. Sfogliavamo frettolosamente i nostri libri fotocopiati, le nostre dispense e a fine serata, eravamo soddisfatti per i nostri 30, 30 e lode.
E chi se lo sarebbe mai aspettato che dopo un paio di anni, quella Laurea, quell’ambizione, sarebbe stata un ostacolo? Dovunque, quell’accezione “Laureata” recava disturbo, per qualsiasi lavoro stonava. Gli anni hanno iniziato a passare inesorabili e oltre la laurea, anche l’età è diventata un problema.
Ad un passo dai 30 anni ho deciso di abbandonare il paese e puntare sulla grande città: “Una nuova vita”, pensavo.
Così ho scelto Roma: la nostra capitale, dove tutto è gestito da un’anarchica maleducazione, tutti pisciano e sputano sulla tua pelle, nessuno ti accarezza più, le tue meraviglie sono graffiate dall’anima nera del denaro, che ti usurpa e non ti fa respirare. Roma mia cara, primogenita di tutti i figli, presa a schiaffi e incompresa. Sfruttata da qualsiasi essere vivente arrivi qui. Ho lavorato con italiani, romani, ebrei, tunisini, napoletani, pugliesi, abruzzesi come me. Ho lavorato con tante persone, ho ascoltate storie commoventi, storie vergognose, ma soprattutto ho visto, osservato con i miei occhi, tutto quello che non va. I piani alti che non vogliono vedere, a cui conviene non comprendere, a cui conviene prendere e non dare, fregandosene. Non capisco davvero, come non si possa avere un minimo di legame con questa nazione, come si possa lasciar morire la terra che in teoria, dovremmo venerare. Come si può lasciare abbandonate una miriade di persone, io le vedo, cara madre, le vedo a terra, spaesate, arrese. Le strade puzzano, sono piene di crepe, nei muri spray macchiano mattoni riempiendoli di lettere che invocano l’odio, la frustrazione. La cultura è diventata di nicchia, l’arte una cosa inutile. Sopravvivenza, solo questo. Per muoversi si deve pagare, per mangiare si deve pagare, per uscire di casa e vestirsi si deve pagare: per affrontare tutto questo si lavora. Ma come posso vestirmi e mangiare se quello che ricavo dai lavori è 50 e per il resto ho bisogno di 100? Come posso essere contenta, come posso progettare, come posso io far girare la tua economia se non ho i mezzi per farlo?
Allora inizio ad arrendermi, inizio a vedere che le ore in cui io mi prostro a lavorare non bastano per sopravvivere, inizio a vedere che malgrado i sacrifici, malgrado io eviti di mangiare carne e pesce, di comprare una maglia in più, di usare la macchina e andare a piedi, non riesco. Non posso rimanere qui a quasi trent’anni sapendo che mai e poi mai potrò aprire un mutuo per una casa, piccola, piccolissima, un attico, persino un garage. Non posso pensare che la mia laurea mai e poi mai mi servirà, non posso pensare che nei grandi uffici o nelle grandi catene di negozi io non potrò mai aspirare ad entrare perché quasi trentenne. Non capisco davvero, cosa succede ad una persona a trent’anni? Il cervello smette di funzionare? Italia, non comprendo, chi ti regola, chi ti gestisce. Ma li immagino mentre fumano sigari, con arredamenti in pelle e pavimenti di marmo, ridacchiare rivestiti, con scarpe lucide, bicchieri di cristallo, facce grasse e sudate, mani gonfie e sporche, maneggiare i miei soldi, mangiare cibi che forse io potrò solo vedere in foto, prendere mezzi gratuitamente, ed io costantemente a piedi perché o mangio o pago il mezzo. Io e tanti altri siamo stanchi.
A 30 anni non si può essere stanchi, ma io lo sono. E’ il periodo in cui una persona cammina per le strade conoscendo finalmente il sapore dell’asfalto, del fango, che sa curarsi i lividi, che a differenza di quando ne aveva 20, cade, si rialza e cammina veloce; fingendo di non essersi fatto male, fingendo.
Ebbene, penso che sia un’offesa immeritevole per tutti i trentenni, ritrovarsi a mani vuote, a testa bassa e stanca.
La mia schiena si piega non si rialza più, sono un accumulo di riconoscimenti e attestati, ma agli atti ho solo esperienze lavorative negative, in cui mi è stato quasi chiesto di ringraziare, in cui mentalmente mi si convinceva che in realtà, era solo un miracolo il fatto che riuscissi a trovare un lavoretto. E no miei cari, io non ci sto. Io merito di vivere bene, perché non sono stata a gambe all’aria per trent’anni, ho sudato giorno dopo giorno e mi sono guadagnata tutto quel minimo che ho guadagnato.
Non meritiamo di essere “il niente”, i diseredati, ormai “vecchi”: generazione di DOTTORI, generazione di LAUREATI, generazione messa all’angolo. Non lo meritiamo. Forse l’Italia non è la Nazione giusta per me, ed è la Nazione che, a quanto pare, non mi vuole più.
Madre, ti prometto che cercherò di resistere ancora, voglio rivederti bella come un tempo, rigogliosa, culturalmente pronta e preparata, perché hai tutte le armi, hai tutto quello che serve, bisogna solo togliere il marcio, bisogna togliere il virus che ti infesta, bisogna trovare un vaccino, ma non ti nascondo che la febbre sale e per salvare me potrei tradirti e scappare per sempre, sognando un giorno lontano di poter tornare e vederti splendere.
Un abbraccio dalla figlia amata, a te cara, che ha dato tutto per poter ritrovare il sole dopo tanti e inutili sacrifici, che mentre ti scrive viene interrotta da una chiamata:
“Pronto Salve, la chiamiamo dalla Ditta di pulizie che ha contattato rispondendo all’annuncio, ma è sicura di voler fare questo lavoro? Vedo che è una persona qualificata, ha una laurea…” >>
Aurora Angelica Di Benedetto
Cosa Risponde il Nostro premier ad Aurora, come lei sono nella stessa situazione tutti i 30 enni di oggi.. Dobbiamo andare tutti via?
The Tonic Express